Qualche anno fa, conoscevo già Barbara Fiorio per questioni non letterarie ma solo di amicizia, ho partecipato a un’edizione del GSSP – Gruppo supporto scrittori pigri.
Sono partito in quarta e non ho finito il laboratorio, a mia giustificazione in quel periodo mi mancavano, a pensarci bene, nemmeno le cavallette.
Conservo un ottimo ricordo di quel fallimento, come di molti altri, ma di quello in particolare, perché è da lì che ho iniziato a scrivere con più costanza, con qualche regola in più, con una consapevolezza diversa. Da un piccolo fallimento è nato un enorme fallimento. Senza paura della retorica, è un’esperienza che consiglio a tutti.
Per chi vuole iscriversi si inizia il 16 settembre, quindi tra pochissimo. Qui – https://creativipigri.com/gssp/ – trovate tutte le informazioni necessarie. Quelle davvero utili invece sono nell’intervista che segue.
Più che un’intervista, non è il mio mestiere, diciamo che si tratta di una chiacchierata via mail.
Evviva le chiacchierate! Ed è bellissimo stare qui, su Malgrado le mosche. Mi sto divertendo già solo per il titolo.
Iniziamo subito. Io lo so cos’è il GSSP, ma facciamo finta che sia Gurb, insomma cos’è? E soprattutto può un pigro, benché supportato, arrivare a qualcosa che sia oltre la sopravvivenza?
Intanto, se sei Gurb, a Barcellona c’è un povero alieno che ti sta cercando dal 1990, sarà il caso di avvertirlo, se capiamo da cosa si è travestito oggi.
Cos’è il GSSP, dunque. È il Gruppo di Supporto Scrittori Pigri, nessuno si ricorda mai “GSSP” ma “Scrittori Pigri” sì. Che chiamarlo “Scrittori Sparsi” forse sarebbe stato meglio ma capisci anche tu che SS non suonava benissimo.
Sparsi, perché sono ovunque. Pigri, perché sono pieni di alibi – non ho tempo per scrivere perché il lavoro, i figli, il cane, la palestra, i capelli nello scarico, la torta di carote nel forno e non scordiamoci delle cavallette – e ancora Pigri perché possono fare questo laboratorio anche spaparanzati sul divano, in tuta e calzettoni.
Ah, giusto: è un laboratorio. Di scrittura narrativa. Tutto online.
Dura tre mesi, ne faccio due all’anno e sono due laboratori diversi: uno, quello di settembre, è sulla costruzione di un romanzo e uno, quello di gennaio, è sulle tecniche narrative.
Un’esercitazione a settimana, vari approfondimenti, un forum riservato agli iscritti dove possono girare quando vogliono e per tutto il tempo che vogliono, varie stanze dove si parla di tutto, dai libri da leggere alla grammatica italiana, dai romanzi di ciascuno ai consigli di scrittura.
E c’è anche lo spazio della ricreazione, con i bagni in fondo al corridoio dove di solito gli Scrittori Pigri si rifugiano quando sta per uscire una nuova esercitazione o sto passando io a dare valutazioni.
Ma sopravvivono, te lo assicuro. Non solo, sono anche recidivi: spesso tornano e ne fanno un altro.
Mai capito se sia perché riesco a farmi amare nonostante li tenga in miniera per tre mesi o se la loro sia sindrome di Stoccolma.
Quali sono le motivazioni che possono spingere una persona sana di mente a voler scrivere un romanzo, consapevole che ne escono due miliardi al giorno, molti di questi probabilmente migliori di quanto lui o lei potrà mai fare?
Nessuna. Io stessa continuo a scrivere romanzi per capire quali siano. Ma forse è perché non sono sana di mente.
In altre parole, il GSSP assicura il successo, il Nobel, lo Strega, Canzonissima? Almeno aiuta a districarsi con le offerte dei supermercati?
Per il GSSP e per me è un punto d’onore non assicurare nessuna di queste cose (a parte per le offerte nei supermercati, siamo gente pratica). Se uno è bravo, se lo deve conquistare da solo, il successo. Se io glielo prometto, sono una quaqquaraqquà.
Quello che prometto, invece, è la consapevolezza. Il lavoro più importante che faccio nel GSSP è quello di aiutare gli Scrittori Pigri ad avere una maggiore consapevolezza della propria scrittura, del lavoro che comporta scrivere narrativa, delle professionalità e competenze che ci sono dietro un libro, dell’importanza di tutti quegli elementi a cui spesso si dà poca importanza perché “l’importante è l’ispirazione”. Ecco, no. Lo scoprono nel GSSP e ci fanno i conti.
“Io leggo solo fiction americana, la letteratura italiana mi fa cacare. Ma perché mai dovrei iscrivermi a un corso di scrittura italiano.” Cosa diciamo al nostro amico esterofilo? Io gli consiglierei di trasferirsi in America, che è tanto grande, ma rispetto al GSSP, può essere di supporto anche a lui (o lei)?
Leggere e scrivere sono due faccende diverse. Non è affatto detto che chi legge tanto sia anche portato per la scrittura, ma di certo non ho mai conosciuto bravi scrittori che non siano anche grandi lettori. Se un forte lettore di narrativa straniera vuole scrivere, perché no? Se è italiano scriverà in italiano, e in un italiano che dovrà saper usare con padronanza di linguaggio e di grammatica. Quindi perché non fare un laboratorio come il GSSP?
La storia che poi vorrà scrivere sarà probabilmente più improntata sulla fiction americana, senza scimmiottarla s’intende, ma non ci trovo nulla di male. Ti confesso che tra leggere un buon Christopher Moore o certi ombelicali italiani io non avrei dubbi.
Come mai costa così poco, in termini letterari dov’è la sola (la domanda viene dall’area 51, una zona del pubblico dedicata ai complottisti)?
Questa è una domanda che mi fanno molto spesso gli Scrittori Pigri quando finiscono un GSSP. Perché lo hanno fatto e ne hanno sperimentato il valore e anche, banalmente, le mie ore di presenza e disponibilità che di certo non sono le canoniche quattro o cinque ore settimanali dei corsi tradizionali.
Mantengo una quota bassa per due ragioni.
La prima è che capisco che sia difficile, finché non lo si fa, capire esattamente cosa sia e come funzioni, quindi è difficile percepirne il valore economico, anche in virtù della sua natura “virtuale”: non è qualcosa di tangibile come l’appuntamento settimanale in una scuola.
La seconda ragione è più etica, se vogliamo usare un parolone. Ci sono molte persone che hanno fatto il GSSP, in questi anni, che non avrebbero potuto permetterselo se la quota fosse stata più alta. Spesso quelle persone non solo sono state preziose dal punto di vista umano – ricordiamoci che è un gruppo, c’è il confronto costante, tutti leggono tutti, molto fa anche l’atmosfera che si crea e la partecipazione – ma sono anche persone con talento narrativo a cui il GSSP è servito per raffinare e valorizzare la loro scrittura, per venire fuori con maggiore sicurezza e ottimi risultati.
Non sto dicendo che chi può permettersi di spendere non vale, ci mancherebbe, è un’assurdità. Sto dicendo che non mi piace pensare di tagliare fuori chi potrebbe godersi il laboratorio e trarne molto ma per questioni economiche è costretto a rinunciare.
Insomma, sono abbastanza nota per non saper fare il mio interesse e finora ho sempre cercato di conciliare la mia necessità di essere pagata per il lavoro che faccio – perché è giusto e perché ci devo vivere – con delle tariffe affrontabili.
Sono venuto a sapere che molte persone si aspettavano una cosa più simile a un reality. Possiamo chiarire una volta per tutte che non si viene eliminati e che non c’è un vincitore finale ma che si arriva al traguardo tutti insieme? O invece la leggenda metropolitana ha un fondo di verità?
Ahahah un reality? Ma è un’idea bellissima! È la volta che diventiamo tutti ricchi. Se si facesse un reality del GSSP sarebbe una sit-com, non ho dubbi.
Comunque: non si viene eliminati e non c’è un vincitore finale, non c’è proprio competizione, nel GSSP, credo molto di più nella condivisione. E la privacy è una delle nostre caratteristiche principali: tutti gli iscritti hanno un nickname, le identità sono riservate, c’è la massima libertà (creativa e rispettosa) anche grazie a questo non essere riconoscibili. Se poi qualcuno – e verso la fine lo fanno quasi tutti – desidera farsi conoscere personalmente, lo può fare, ci mancherebbe. Ma si comincia che si è solo degli Scrittori Pigri. Poi succede il resto e si diventa un gruppo.
I corsi di scrittura non servono a niente, se sai scrivere bene, se no non saprai scrivere mai. Questa è una di quelle obiezioni disperanti che a me fanno cadere le braccia, ma confido che tu saprai maneggiarla e trasformarla in una tazza di tè in un parco inglese.
Non ho mai capito perché sia ritenuto normale andare a scuola di danza, di pittura, di fotografia, di canto e di altre discipline artistiche e sulla scrittura, un’altra forma d’arte, tutti pensino che basti il talento. Uno può anche avere un talento straordinario, ma in qualche modo dovrà imparare le tecniche, acquisire gli strumenti, imparare anche a muoversi nel mondo di cui vuole fare parte. Certo, può impararlo da autodidatta, ma se ne ha l’occasione perché non fare un percorso di formazione?
È una convinzione molto italiana, comunque, perché all’estero, per esempio nei tanto criticati Stati Uniti, è normalissimo seguire corsi di scrittura. Se li hanno seguiti autori come Stephen King o Raymond Carver non vedo perché a Fabio Caciotta debba bastare il talento.
E poi con il romanzo finito cosa ci faccio?
Nel GSSP spiego anche come presentarsi a un agente letterario e a un editore, come scrivere una buona lettera di presentazione e una sinossi, cosa aspettarsi dall’editing. E, chi esce dal GSSP Fare un romanzo, esce con la scaletta della trama pronta e il primo capitolo editato: da quel momento non ha davvero scuse, deve finirlo per poi provare a presentarlo con professionalità.
Oddio l’ansia, non ce la farò mai, non riuscirò a finire, fa tutto schifo, sono una merda. Il GSSP ha effetti calmanti e positivi sull’autostima?
Nel corridoio è la norma vedere gente che corre urlando Moriremotuttiiiii. A volte lo faccio anch’io. Di solito piccono le certezze e li lascio disorientati ma poi offro anche appigli per rimettere insieme i pezzi e avere le idee più chiare.
Da un punto di vista percentuale, considerate anche le precedenti edizioni, quante storie d’amore sono nate sul forum del GSSP e quanti invece sono rimasti innamorati delusi?
Guarda, sono arrabbiatissima coi Pigri perché tra loro bisbigliano e si confidano e a me non riportano alcun pettegolezzo. Di qualcosa mi sono accorta persino io – che notoriamente vivo a Papalla – ma sono certa di essermi persa dei gossip succulenti. Del resto ho un ruolo super partes da ricoprire, dannazione.
E se poi nasce un figlio?
Ah, quello l’ho scritto nel regolamento: se nasce un figlio mi arrogo il diritto di decidere io il nome!
Basta non dovergli cambiare il pannolino.
Non sarebbe meglio allora auto-pubblicarsi?
Meglio per chi? Non certo per i lettori.
Nel GSSP arriccio molto il naso sull’auto-pubblicazione ma soprattutto conduco una battaglia feroce contro l’editoria a pagamento, quella è ancora più grave, secondo me.
Ma se uno vuole auto-pubblicarsi senza superare i vari passaggi professionali necessari, può farlo. Anche io posso auto proclamarmi la più bella del mio pianerottolo, nessuno me lo impedisce.
Pubblicare davvero, però, è un’altra cosa.
Il mio romanzo ha cinquemila pagine, quarantasei sotto-trame e tanto nessuno di voi lo capirà mai. È l’approccio giusto, vero?
Giustissimo. Perfetto, direi. Uno scrittore pubblicato in meno, anche questa è selezione naturale della specie.
Il corso finisce il 16 dicembre, faccio in tempo con i regali di Natale? E sotto l’albero Babbo Natale mi porta il diploma del GSSP?
Fai in tempo e puoi anche regalare o farti regalare il GSSP di gennaio, quello sulle tecniche narrative. Ma se Babbo Natale non ti porta un nuovo GSSP da fare, ci sono io che ti mando l’attestato di frequenza con un sacco di ghirigori colorati che fanno tanto festa.
La risposta a tutte le domande?
Sarà sempre 42.
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