di @larobbina
vorrei raccontare qualcosa su un quadro conosciuto da tutti, icona del ‘900 italiano, dietro al quale c’è una storia che tutti meriterebbero di conoscere.
questo dipinto dalle dimensioni enormi di 5,5 x 3 m., è il risultato di un lungo percorso di ricerca, di sperimentazione e di travaglio personale di giuseppe pellizza da volpedo, uno dei maggiori esponenti del divisionismo italiano, e il suo insuccesso contribuì a portarlo alla depressione e al suicidio.
tutto inizia da qui: ambasciatori della fame, del 1892.
tre figure maschili col piglio minaccioso stanno avanzando verso la casa del padrone a chiedere più diritti come portavoce di una massa abbastanza indistinta sullo sfondo, accennata, senza volto.
in fiumana, del 1895, la presenza di una donna con bambino cambia la prospettiva. Il gruppo ha perso l’aggressività, sta avanzando serenamente e non contro qualcuno, inoltre la massa è meno indistinta, più coesa ai protagonisti, più compatta.
questa cosa ai socialisti di fine 800 non piacque. il quadro aveva un po’ abbandonato la sua valenza politica di rivendicazione e di protesta.
fiumana resta incompiuto.
nel 1898, a milano, bava beccaris fa un centinaio di morti sparando sulla folla che protestava per il pane e questo fatto di cronaca segnerà pellizza, che nel 1899 acquista una tela enorme e costosa e concepisce una nuova versione del quadro, dal titolo ‘il cammino dei lavoratori’, che verrà cambiato nella versione finita nel 1901 in ‘quarto stato’.
dopo l’aristocrazia, il clero e l’affermazione del terzo stato (la borghesia) con la rivoluzione francese, arriva il quarto stato, la classe sociale dei lavoratori e degli operai, che per pellizza ha già vinto.
i protagonisti che avanzano inesorabilmente uniti, hanno preso coscienza della forza degli ideali che portano avanti e sono pacifici, tranquilli, sostenuti dai compagni e dalle famiglie, dai bambini.
la tecnica di pellizza qui è al massimo, perché concentra nel primo piano una gamma cromatica chiara, con una netta prevalenza di toni caldi, ocra e rosati, nel tentativo di ottenere la massima luminosità possibile, attraverso quella miriade di piccoli trattini colorati tipica del divisionismo.
ma questo dipinto non viene capito.
nel 1902 venne esposto a torino e il risultato fu che nessuno lo notò, nonostante le dimensioni imponenti. fu proprio totalmente ignorato dal pubblico e dalla critica. anni di durissimo lavoro, data la mole e la difficoltà della tecnica divisionista, finiti nel vuoto.
nel 1904 lo porta a roma e anche lì zero assoluto.
nel 1906 l’esposizione internazionale di milano lo rifiuta perché troppo triste (!)
l’anno dopo, in seguito alla morte precoce della moglie che è la donna raffigurata nel quadro, e all’amarezza di non essere stato compreso artisticamente, si uccide.
il dipinto resta agli eredi che non sanno che farsene e siamo già alle porte della prima guerra mondiale. anni dopo un consigliere comunale socialista di milano se ne ricorda e dopo una sottoscrizione pubblica di 50.000 lire, gli eredi cedono il quadro al comune di milano e lo mettono nella sala della balla del castello sforzesco, nel 1922.
con l’ascesa di mussolini e l’avvento del fascismo, il quadro, ovviamente, viene tolto e messo in cantina.
dopo la liberazione, il sindaco socialista greppi, lo ripesca e lo mette nella sala consiliare del municipio di milano; per 30 anni sta lì e si ricopre letteralmente di nicotina.
negli anni 80, dopo un restauro, viene messo al museo di via palestro e dalla sua apertura nel 2000, sta all’ingresso del museo del novecento.
volevo aggiungere un’ultima considerazione: poco dopo l’esecuzione del quadro, dal 1909/10 in poi, si affermano i futuristi.
la tecnica di pellizza parrà obsoleta, di fronte a quella di boccioni, di balla e compagnia. In arte cambia tutto e la velocità, l’aggressività, il simbolismo dei futuristi prenderà il sopravvento. Invece quello di pellizza è il percorso inverso. elimina la violenza per una pacatezza lentezza, chiarezza e nobiltà.
io ne ho una riproduzione come testata sopra il letto, dove altri tengono la madonna o gesùcristo, a rammentarmi come queste magnifiche premesse piene di ottimismo e di coscienza sociale non ci abbiano portato i risultati sperati.