di Carlo Martello
copertina di Minimum Fax
Due informazioni di base: Nina sull’argine è il secondo romanzo di Veronica Galletta, è edito da Minimum fax ed è uscito ormai qualche mese fa.
Sulla stampa cartacea e su internet è pieno di recensioni ben fatte sul libro, si trovano facilmente. Il romanzo sta avendo un ottimo successo, si trova in tutte le librerie.
Nina sull’argine, l’ultimo romanzo di Veronica Galletta, è talmente carico di materiali che è stato difficile scrivere un pezzo organico. A un certo punto ho rinunciato a dare una forma tradizionale e più ordinata, il rischio era di non scriverlo mai. Più che una recensione o una critica, questa è quindi una pagina di appunti curata un pelo meglio. E del resto è con gli appunti che si costruiscono le cose, con i pezzi di carta.
– Le prime pagine sono una dichiarazione politica e letteraria d’intenti. Galletta dice di aver voluto rinnovare la tradizione dei gradi romanzi dell’ottocento ed è riuscita in questa opera di modernizzazione di un momento letterario che serve, lei stessa spiega, a rendere edotto il lettore del paesaggio alieno contenuto e contenitore del romanzo che si appresta a leggere. I riferimenti sono mostruosi: Il rosso e il nero, I promessi sposi.
Non è di certo la prima volta che questa operazione viene pensata ed eseguita, ma si tratta comunque di un ripensamento letterario allo stesso tempo necessario e generoso. Il lettore non ha più bisogno di essere istruito, a grosse linee, sui paesaggi contemporanei; tuttavia non ne sa niente e questo esclude molto spesso dalla narrativa contemporanea una dimensione di influenza politica e sociale che i contesti geografici possiedono e di cui sono agenti – quindi con contesti geografici si intendono non solo naturalistici, ma anche industriali, post-industriali, urbani –. Di questa influenza Galletta è consapevole e la scelta di iniziare dal paesaggio è una scelta sì narrativa, ma anche politica. Vale a dire che anche in questa scelta sta il posizionamento politico di un romanzo estremamente strutturato e complesso.
– Nina sull’argine è tra le altre cose una storia di fantasmi, anche piuttosto esplicita. Tuttavia, alcuni fantasmi sono vivi. Uno invece è proprio morto, è un fantasma classico, uno spirito che vede solo la protagonista del romanzo.
– Galletta parla del tema del doppio, lei senz’altro può dire meglio di me cosa intende e lo ha fatto in numerose interviste, il tema è molto ampio, in letteratura e non solo. Credo che si possa aggiungere una suggestione: la protagonista del romanzo, che è già un’emanazione doppia della scrivente, vive non solo uno sdoppiamento esplicito nello svolgersi del libro, ma prende su sé stessa, si fa carico, di una biforcazione geografica, dalla sicilia alla pianura padana, e poi di una ulteriore biforcazione psichica, tra la sé precedente e la sé contemporanea all’evoluzione romanzesca.
Questa suggestione trova poi un’altra strada nell’ossessione letteraria di Galletta per le mappe, autentiche e mentali, che si ritrovano disseminate in molti suoi lavori, dai due romanzi ai racconti.
Fino a qualche anno fa collezionavo mappe delle città dove andavo, da Torino a Mosca, non so perché ho smesso, forse perché con un figlio ho piantato, come si dice, radici. Con quelle mappe poi facevo, ritagliandole, dei collage, creando città inesistenti, mischiate a foto di riviste e mille altri appunti mentali diventati nel frattempo ritagli fisici. Venivano fuori dei cartelloni che nelle intenzioni dovevano far trasparire il sentimento della città in oggetto. Dico questo, perché in Nina sull’argine Veronica Galletta riesce a creare una mappa narrativa, meno esplicita che in altri suoi lavori, ma che comunque traccia le coordinate non solo spaziali ma emotive del romanzo. Tanto è vero che una delle dimensioni del libro sono i percorsi in macchina che la protagonista compie, durante i quali, proprio come con una mappa davanti, si mette ordine nel flusso di pensieri, nelle direzioni, e la strada assume una doppia valenza, di direzione geografica e di percorso mentale.
– Lei non deve sembrare pazza, dice Galletta durante la conversazione avuta con Emanuela Cocco: questa è una dichiarazione femminista fatta e finita. Caterina/Nina non è mai pazza, Galletta è riuscita nell’intento. In molti, lungo gli archi narrativi del romanzo, cercano di farla sembrare pazza o almeno strana, fuori dalla norma, fuori posto. Chi le crede sempre sono due entità non umane: il fantasma di Antonio, che umano però è stato, e l’etica del lavoro, lo spettro del lavoro, l’incombenza materiale e immateriale del lavoro. Caterina/Nina è sana perché ha delle responsabilità lavorative, le quali assolve con scrupolo e oserei dire amore.
– La terza persona scelta da Galletta, e questo si avverte percettivamente di continuo, fino alla fine del romanzo, è uno schermo, uno specchio, un doppio, di nuovo. La terza persona è (anche) la prima. La prima è (anche) la terza.
– Galletta nel romanzo lo dice in modo molto chiaro: alcune persone, troppe, un personaggio fondamentale del libro, muoiono senza un contratto di lavoro ante-mortem, gli viene costituito, sotto gli occhi di tutti, solo post-portem. Ecco i fantasmi che non hanno pace e non possono averne. Una ulteriore dichiarazione politica, stavolta estremamente esplicita.
– Quanto si è detto potrebbe far pensare a un romanzo proiettato nel passato. Alla letteratura del ‘900 Nina sull’argine è indiscutibilmente molto legato e lo dichiara. Tuttavia è un romanzo contemporaneo, che anche tecnicamente supera il postmodernismo, come è di questi tempi, supera il citazionismo, e inserisce i riferimenti nelle vite dei personaggi, nel paesaggio di cui si è parlato. Il paesaggio è allo stesso tempo realistico e letterario.
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