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Una di noi
By Malgrado le Mosche Posted in Racconti on 26/09/2023 0 Comments 12 min read
Lo stagno Previous Sky blue Next

di Lucia Tradii
Copertina di Alessandra Procaccio – Visioni (incisioni su lastre di zinco – tecnica mista)

«Sapete, ho spostato la residenza alla casa del paesello. Adesso sono una di voi.» dice Denise.
«Cosa?» chiede Anna, le tagliatelle al ragù le scivolano dalla forchetta.
«Ho cambiato residenza.»
«E adesso cosa sei?» insiste Anna.
«Una di voi.» Denise ha perso tutta la sicurezza, si stringe nelle spalle e risponde come se fosse una scolara impreparata davanti alla cattedra.

È andata. Ci siamo. Finalmente. Per l’eccitazione uscirei fuori a fare dei salti e a ululare. Ho già la bocca a culo di gallina e mi sta per scappare un fischio. Anna mi tira una pedata da sotto il tavolo e le orecchie mi si accartocciano per il male. Gilberto davanti a me inizia a grattarsi la testa con entrambi le mani, in modo talmente svergognato che pare abbia i pidocchi. Anche a lui Anna tira un calcio. Sento lo spostamento d’aria e soprattutto vedo Gilberto che si mette più dritto sulla sedia, le labbra strette a soffocare un lamento. Anna torna a guardare con occhi insistenti Denise, che è rimasta ignara del nostro breve teatrino, ma penso che per adesso può bastare.

«Perché hai deciso di cambiarla?» chiedo a Denise. Le tocco un braccio, mi inarco con la schiena e le sorrido. È una mossa da falsa, però so che con lei funziona, e infatti funziona. I muscoli di Denise si rilassano e lei torna a respirare, anche se non sa di aver trattenuto il respiro.
«Per pagare meno tasse.» ora può ridere e bersi il suo bicchiere di vino. Le piace il bianco, questa è una cosa da tenere in considerazione. Anche Gilberto beve soltanto il bianco. Anna ed io invece dobbiamo contenerci per non trangugiare intere bottiglie di rosso.

Ora dobbiamo aspettare, comportarci normalmente. Finiamo la cena e poi tutti in discoteca. Quel coglione colossale di Gilberto è talmente ingrifato che per tutta la cena non ha fatto altro che parlare e toccare Nicole. Ma non penso che lei sospetti qualcosa. In discoteca quei due limonano come selvaggi, come se intorno non avessero nessuno. Anna ed io dobbiamo fare il lavoro sporco; troviamo sempre un modo per passare davanti alla cicchetteria per far ubriacare Denise. Sarebbe più semplice se potessimo usare la droga, quella dello stupro sarebbe perfetta, ma corromperebbe il sangue, meglio non rischiare. Denise è così brilla che sta passando la serata più bella della sua vita, non sa quanto bella sarà tra poco. Ci ricongiungiamo tutti e cinque, Denise e Nicole ballano abbracciate e commentano i ragazzi che le ronzano intorno. Anna ci parla in una frequenza che possiamo sentire soltanto noi, dice che è il momento.

«Gil, devi scaricarla. Adesso.» ordina.
«Ma che palle. Di già?»
«Zio canta Gil, non rompere i maroni.»

Gilberto di scatto si morde una spalla, poi va verso le ragazze senza aggiungere altro. Dice qualcosa a Nicole nell’orecchio, una cosa veloce, poi prende Denise per un polso e la trascina via. Anna si dirige verso l’uscita e io la seguo senza voltarmi indietro. Quando siamo alla macchina Denise inizia i primi moti di protesta.

«Dov’è la Nicole?»
«Adesso arriva anche lei, Deni. Non ti preoccupare.» dice Anna.
«Ma dove andiamo? Non è ancora orario di chiusura.»
«Andiamo a un’altra festa, più bella e più esclusiva.»
«Ma io mi stavo divertendo.» dice prima di sdraiarsi sui sedili posteriori e a invocare il nome di Nicole.
Gilberto e Anna fanno per salire anche loro, Anna nota che io non mi muovo e mi chiede che cazzo c’è.
«Devo andare a pisciare.» dico.
«Non puoi farla contro un albero?» sghignazza Gilberto. Ma Anna ha capito e mi ordina di muovermi.

All’inizio non è facile in mezzo al connubio di odori afrodisiaci come sudore, saliva, sperma e muco vaginale, ma se mi concentro non posso sbagliarmi e la pista mi porta dritta da lei. Nicole è seduta sui divanetti, stranamente senza maschi intorno. Forse ha cacciato via i primi che si sono fatti avanti perché aspettava che la raggiungessi. Mi siedo vicino a lei, chiudo gli occhi e incrocio le braccia, aspetto che sia lei la prima a parlare.

«E così avete scelto la Deni.» dice.
«Sai che noi non scegliamo un bel niente. Te l’ho spiegato mille volte.»
«Sì, vabbè.» finisce di bere il drink e lo appoggia sul tavolino con una tale rabbia che alcuni cubetti di ghiaccio saltano fuori.
«Potresti provare a cambiare residenza anche tu.» dico.
Lei fa una risata sarcastica. Non mi guarda. Appoggia il mento sul pugno e guarda davanti a sé.
«Guarda che non è proprio una scemenza. Se per la Denise ha funzionato così, allora anche per te…»
«La Deni non lo vuole. Non sa neanche cosa sta per succedere, vero? Figuriamoci se glielo avete detto. Io sono anni che vi sto dietro, anni
«Tu non dovresti neanche saperlo. Se l’Anna scopre che te l’ho detto mi ammazza. Letteralmente mi squarta.»
«Seh, come se potesse davvero farlo.»
Mi guarda e mi passa una mano sul braccio. Sento i peli rizzarsi, i muscoli contrarsi. Adesso va meglio. Quando la bacio ha un sapore così buono, di Lambrusco, nicotina e sangue, che devo stare attenta a non aprire troppo la bocca, a non farmi crescere i denti. Prima di saperlo, lei beveva molto vino bianco, ora cerca di darci giù anche con il rosso e io mi chiedo quale creatura potrebbe uscirne fuori, magari un essere mitologico, stupendo, il migliore che si sia mai visto sulla terra. Dopo un po’ mi spinge via e si guarda intorno controllando che nessuno ci abbia viste.
«Mi tieni al guinzaglio come un cagnolino.» dico appoggiando la guancia sullo schienale.
«Sì, è così.» mi tocca il naso con la punta del dito, più volte «E so che ti piace.»
«Perché non scappiamo? Andiamo via, solo io e te.»
«Perché non parli seriamente, per una volta? Qui non c’è niente per noi. Vieni a vivere in città. Lì c’è una mentalità più aperta, lì non rischieremo niente.»
«Nico, sono tutte cazzate. Città o montagna non cambia niente. Sei tu che vivi nella paura. Tu vorresti che venissi in città, che mi sradicassi, ma non mi dai nessuna certezza. Continui a troieggiare con ogni ragazzo che incontri. Dici che loro non contano niente per te, eppure continui a farlo. Come mi dovrei sentire? Forse è proprio a causa di questo tuo atteggiamento che verso di te non abbiamo ancora sentito l’istinto.»
«Io troieggio?»
Sento Anna che smadonna contro di me, sa quanto mi irrita quando fa così.
«Devo andare.»
«Vai, il lavoro ti chiama.»
«Tu come torni a casa?»
«Mi arrangio.»
«Vuoi che, dopo che abbiamo fatto, ti riaccompagni?»
«Ti ho detto che mi arrangio. Troieggio un po’ e trovo qualcuno che mi dia un passaggio. Non è difficile per me.»
«No, non lo è.»

Mi alzo e vado verso l’uscita. Il dj ha messo su Only love can hurt like this tutta remixata, la gente in pista salta e alza le mani. Se allungo un po’ le orecchio sento la risata di Nicole e una voce di maschio. Arrivo alla macchina, apro lo sportello di dietro e sposto di peso quel sacco di patate che è diventato il corpo di Denise. Lei emette soltanto un leggero mugolio e appoggia la faccia contro il vetro. Gilberto ridacchia, Anna gli tira una gomitata e lui mette in moto. Per un po’ non parla nessuno, si sente soltanto il russare di Denise che sta a bocca aperta. Lasciamo la strada asfaltata per inoltrarci in un sentiero stretto e dai finestrini filano soltanto alti abeti scuri. Gilberto inizia a piangere, ma sembra non sforzarsi troppo per non farsi sgamare. Anna gli urla contro.
«Me lo avevi promesso, Ann. Mi avevi detto che il prossimo sarebbe stato un ragazzo. Io ho bisogno di un compagno, di qualcuno con cui parlare da uomo a uomo.»
A volte la consapevolezza che dovrò passare la vita intera con questi due mi fa venire voglia di spararmi in testa e farla finita così.
«A parte che non sei un uomo te. E poi, zio povero, non è mica colpa mia se stavolta è una ragazza. Il prossimo sarà un ragazzo, me lo sento. Vedrai, su.»

Anna è stata molto brava, quando ci ha trasformati, nel raccontarci quello che volevamo sentirci dire. Io ero lì quando è toccato a Gilberto e con un’estrema dolcezza, che stentavo a credere le appartenesse, lo ha rassicurato, dicendogli che avrebbe avuto tutte le donne che desiderava. Io sono stata la prima. Anna mi ha abbordata in un locale e credevo che il suo interesse verso di me fosse spinto da altre cose. Mi ha convinta dicendomi che sarei stata la più forte, che niente e nessuno mi avrebbe più fatto male. Quando le ho chiesto chi (o cosa) le avesse fatto questo, mi ha guardato come se volesse cavarmi l’anima e mi ha ordinato di non domandarglielo mai più. Con Denise è diverso, lei è di origine cittadina, quindi Anna ha optato per dirglielo dopo, quando sarà tutto finito.

«Ma perché se deve proprio essere una ragazza, non può essere la Nico? Che c’entra sta qua con noi? Io sono convinto che alla Nico starebbe bene.»
«Che cosa le hai detto prima esattamente?» chiede Anna con sospetto.
Adesso non è il momento di affrontare questo argomento. Devo stare calma e cercare di cambiare discorso.
«Possiamo concentrarci su quello che dobbiamo fare, senza parlare per forza di quella troia della Nicole?». È andata benone.
Denise spalanca gli occhi e trasalisce come se si stesse risvegliando da un incubo.
«Devo vomitare, cazzoooooooo.»
Gilberto inchioda, Denise apre la portiera con la macchina ancora in corsa e rotola per terra con il vomito che schizza da tutte le parti come se fosse un idrante. Scendiamo tutti. Anna invoca la Madonna e tutti i santi in colonna.
«Bio parco, te l’ho già detto di non bestemmiare la Madonna! Lo sai chi era, eh? Era una ragazzina! Tredici quattrodici anni. Ingravidata contro la sua volontà. Con tutti gli accidenti che puoi tirare a chi vuoi, solo lei ti chiedo di lasciar stare. Solo lei!»
«Ragazze, bellissima questa lite sulla teologia, ma rimandiamola a dopo.» interviene Gilberto.
«Oh, ma che bei paroloni usi. Chi ti ha insegnato la parola “teologia”?»
«Me l’ha insegnata la Nico.»

Gilberto, nello spazio tra l’indice e il medio, fa guizzare la lingua. Il primo a trasformarsi è il braccio; lo sento gonfiarsi e riempirsi di caldi peli grigi. Gli tiro un cazzotto in pieno muso che lo faccio ribaltare. Anna si è trasformata completa in quella specie di sorcio, anche se lei dice faina, e mi zampetta intorno al collo, mordendomi. Gilberto si rialza, si pulisce il sangue dalla bocca e inizia a grattarsi la testa, ma Anna grida di stare zitti, di ascoltare. E noi ascoltiamo e all’inizio non capiamo, perché non si sente niente, poi realizziamo che non si sente niente. Di Denise è rimasta soltanto una pozza di vomito. Gilberto si trasforma e parte all’inseguimento, è l’unico che può farlo: Anna è troppo piccola e io mi farei prendere dalla foga e dalla sete di sangue. Gilberto non ci mette molto, ritorna con Denise sulla groppa; quel palco ramoso gli dà un aspetto regale, il petto sembra cresciuto dall’ultima volta che l’ho visto, il pelo è un caleidoscopio di sfumature fulve e d’ebano. Denise piange un po’, ci chiede che cosa vogliamo farle e pensiamo che sia arrivato il momento di finirla. Lei urla quando la mordiamo tutti e tre nello stesso momento, in più punti per accertarci che il veleno trovi il suo corso; poi si accascia al suolo, svenuta, il corpo mosso da leggere convulsioni. Ora non resta che aspettare. Ci sediamo per terra, mentre la stanchezza e l’eccitazione si mescolano e sembrano la stessa cosa. Non riesco a distinguere la forma dei miei compagni; a volte mi sembrano i ragazzi che sono, altre la bestia che conservano dentro. Anche io mi sento così, passo tutto il mio tempo a chiedermi se sono una ragazza o una lupa, o se alla fine non sono proprio niente. Mi chiedo anche come sarebbero andate le cose se non avessi risposto allo sguardo di Anna quella sera al locale, dove sarei adesso, chi sarei, se il vuoto che sento sarebbe ancora lì. Anna si struscia sul mio braccio, un movimento acquoso e felino. La testa di Gilberto mi cade sulla spalla, io l’afferro tra le mani e baciandolo mi sembra di cercare dentro la sua bocca e sulla sua lingua quello che resta del mio cuore.


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