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Triplete
By Malgrado le Mosche Posted in Racconti on 04/06/2021 0 Comments 4 min read
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di Luca Tosi
Copertina: Le metafore non esistono – Antimonio

Ha un disgusto, la mia coinquilina, per il calcio, che io non mi spiego come si possa covare un ribrezzo così per uno sport.
A me il pallone piace, seguo le partite e certe sere porto il computer in cucina, e mentre faccio da mangiare sento la telecronaca. Se c’è l’Inter non me la perdo assolutamente.
Ci ho anche giocato a calcio, ma solo un paio d’anni. Stavo sulla fascia sinistra e non ero niente di che, però quando m’allungavo in corsa mi figuravo in Recoba, l’uruguagio dell’Inter detto “El Chino”, mio idolo: nell’imitargli il passo sentivo come di avere i suoi capelli sulla testa e diventavo più bravo coi piedi, qualche colpo mi riusciva.
Adesso il menisco mi cigola e questa roba di avere un mito l’ho persa. Le partite le vedo tutte, non ho intenzione di smettere, ma i calciatori hanno la mia età, anzi, di alcuni son più vecchio: saranno gli idoli dei bambini di oggi, non miei, poco ma sicuro.
Comunque ogni partita rimane una storia e, anche se non c’è più attaccamento alla maglia, l’Inter è sempre l’Inter.

Ma la mia coinquilina, ogni volta che mi stana col computer su una partita, dall’avversione che prova, comincia a smorfieggiare.
Lei ogni sera si spara un film, in camera sua. Alcuni li abbiamo visti insieme. Le piacciono i fantasy e la fantascienza, basta che ci siano magia, occulto e via dicendo. Infatti si veste un po’ da streghetta e ha uno stile curioso. Però è fidanzata.
Stasera, che l’Inter giocava col Cagliari, tre punti facili da mettere in saccoccia, è piombata in cucina, nervosa, e ha detto: «I calciatori sono buoni solo a fingere. Guardali là, come stramazzano sull’erba a ogni fallo, finti doloranti».
«Scusami», ho detto io. «Ma tu, che c’hai senso di astrazione, come puoi pensare che siano solo ventidue pupazzi che corrono dietro a un pallone? Hai zero tituli nel cervello, se pensi così».
Lei si è eclissata, sguardo plumbeo, poi è uscita dalla cucina.

Ho sparecchiato in velocità, lavato piatti e posate, e senza aspettare oltre, che in momenti così aspettare è non saper fare, son andato alla porta di camera sua. Con un orecchio sul legno ho bussato.
«Avaaanti», ha detto.
Ho aperto. Era sul divano, stravaccata, neanche ha girato il collo per guardarmi. Sul suo computer, sopra il tavolino, c’era un film in pausa a tutto schermo. Ho fatto cadere il mio culo sul lato libero del divano; non che avessi tanta voglia d’incantarmi lì, però mi sentivo in colpa per prima. Parlandole avevo sbordato nei modi, lo riconosco; può capitare quando sei sicurissimo di aver ragione.
Nel fermoimmagine del film c’era uno struzzo alato con tre ragazzini in groppa, e volavano su Londra. Lei sembrava calma, eppure, invece di schiacciare play, ha preso un respirone; mi guardava negli occhi.
«Pace?» ho detto.
Subito è scappata dal divano, come prima dalla cucina, per buttarsi a letto supina; ha acchiappato un libro dal comodino e se l’è aperto davanti alla faccia. Io son rimasto dov’ero, quatto quatto.
Al che la sua voce si è fatta largo nella stanza: «Vieni qui a leggermi questo romanzo».

C’era aria da finalissima di coppa. Con uno scatto alla El Chino Recoba dei giorni migliori l’ho raggiunta, mi ci son steso a fianco a pancia sotto e ho preso a leggerle a voce alta questo fantasy, che sinceramente non ci capivo molto; ero attento a scandire perfettamente le parole, non al senso. Avanti così per un’oretta o poco più, finché dev’esserle salito il sonno, perché mi ha detto: «Adesso, sloggiare».
Dico la verità: sarei rimasto molto volentieri un altro po’.
Però, considerando tutto, è andata benissimo così: primo, son riuscito a dirle quel che penso sul calcio, che ce l’avevo dentro da troppo ed è stato liberatorio; secondo, mi ha perdonato il modo indelicato che avevo messo nel parlare; terzo, l’invito nel suo lettone (insomma, è fidanzata) per me è valso come vincere il triplete.

Che il calcio di paludi ne abbia qualcuna nessuno lo nega, ma se i giocatori fanno un po’ gli ipocriti, qual è il problema? Un pizzico d’ipocrisia, secondo me, ci vuole sempre, che fingere è fantasia, e giocare tiene alla larga dalle cose seriose, che stancano.
Anche i film sono finzione. Lo stesso i romanzi. E anch’io, faccio finta che non sia così, però lei mi piace e mica poco.

Ma chi è che non finge? E poi, perché non si dovrebbe?

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