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Lune
By Malgrado le Mosche Posted in Racconti on 09/05/2023 2 Comments 7 min read
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di Caterina Iofrida
Copertina di Roberta Delitala

Fuori, il chiarore della luna è tale che non occorre accendere luci. Le due donne sono sedute sugli scalini del patio e una di loro stringe tra le mani una tazza. È minuta e bionda, i capelli legati in una piccola crocchia, come quelle delle ballerine; l’altra donna è più robusta e porta sciolti i lunghi capelli castani, che sono venati di rosso, lo si vede anche alla luce della luna. Sono entrambe avvolte in pesanti vestaglie e non parlano da almeno venti minuti. Qualche ora prima, la bionda ha ricevuto una lunga telefonata, la rossa lo sa, anche se non ne hanno parlato, e la bionda sa che la rossa sa. Alla bionda rimane da terminare la tisana e respirare un altro po’ di notte invernale e poi provare a dormire, magari fingere fino a che non dorme davvero. Alla rossa rimane da lavarsi i capelli prima di dormire e poi infilarsi nel letto. Li lava stasera perché, al mattino presto, vuole subito preparare l’impasto del dolce allo yogurt e versarlo nello stampo e infornarlo e vuole, dopo una quarantina di minuti, una fetta di dolce per colazione. Alla rossa piace fare colazione per bene. La bionda invece esce digiuna, come un lampo, dopo aver trangugiato la sua dose di caffè senza zucchero in pochi minuti. La bionda beve tutta la moka da tre, la rossa due o tre tazze di caffè americano. Chi sa se domattina si incroceranno, non succede sempre, e se lo fanno si scambiano giusto una parola, qualche mugugno, e finisce lì. Questo piace sia alla bionda che alla rossa. La rossa appoggia i gomiti allo scalino appena dietro alle sue spalle e allunga la testa all’indietro, chiude gli occhi, li riapre, guarda il cielo. La bionda le lancia giusto un’occhiata senza girare la testa, il suo occhio fa una rapida ricognizione a destra, poi torna subito a fissare la notte davanti a sé.

È dicembre, in un minuscolo sobborgo alla periferia di una città europea né grande, né piccola. La bionda è nata proprio qui, e non se n’è mai andata, neanche per un breve periodo. La rossa è piovuta qui dopo l’università, ci è rimasta per cinque anni, poi se n’è andata in un altro continente, per sei mesi, quindi è tornata qui e ci è rimasta. La rossa, ora, ha quarant’anni. La bionda ha trentotto anni. Non sono sposate, né con altre persone né tra di loro, ma la rossa ha un fidanzato stupido, che non si sa bene a che cosa serva. Il fidanzato stupido abita in una città vicina e lo si può incontrare a casa delle due donne solo nei fine settimana. Oggi è lunedì, domani, che sta per cominciare, sarà martedì; e il martedì è il giorno preferito della rossa. Al martedì mattina esce sempre una nuova puntata del suo podcast preferito, che parla di vecchi film, e lei lo ascolta mentre fa la sua lenta colazione. Al martedì sera, alle sei, la rossa ha yoga. Alla bionda non piace particolarmente il martedì, ma per qualche motivo le interessa il martedì che sta per arrivare.

E il martedì arriva, con un sole invernale sul tipo tutto-sommato-posso-prendere-in-considerazione-che-dio-esista. Alle nove suona il campanello e le due donne sono ancora in casa, la rossa sta mangiando la terza fetta di dolce allo yogurt, dopo che la puntata del podcast si è conclusa, la bionda è sotto la doccia dopo un’estenuante lotta col sonno, quasi credeva che non si sarebbe liberata dalle lenzuola e invece zac!, di colpo se ne era staccata, come quando ti tuffi di botto nell’acqua gelida, perché o così o non lo farai mai. Va ad aprire la rossa ed ecco questo tizio magro e altissimo chiederle se per cortesia può fare due parole col fantasma, e la rossa ride e dice “cosa” ma quello di rimando non ride, invece tutto serio domanda se può, almeno, lasciare un messaggio: che sarebbe che lui, l’uomo altissimo, si troverà alle sette al pub all’angolo per un aperitivo dopo il lavoro e se il fantasma vorrà raggiungerlo lui ne sarà felice e pagherà anche da bere, sempre che i fantasmi bevano. E mentre termina la frase c’è pure la bionda ad ascoltarlo, da dietro la spalla della rossa, e sorride e osserva che i fantasmi bevono certamente tutto quel che desiderano, sono morti, perché mai dovrebbero preoccuparsi della salute.   

Dopo le due donne parlano, si chiedono se l’uomo altissimo sia venuto da lontano, chi gli abbia parlato del fantasma, e già che ci sono parlano di lui, del fantasma, le volte in cui è noioso, quelle in cui fa l’antipatico, quelle in cui occupa per un’ora e mezza il bagno, e si chiedono perché, prima, non ne avessero mai fatto parola tra di loro, avevo paura che tu non lo vedessi, no, eri tu che non lo vedevi, anzi facevi finta di non vederlo, e giù a ridere, e poi a guardarsi le spalle: non sarà mica qua ora. Nah, se pensi che quello si svegli prima di mezzogiorno, sei matta.

La rossa scrive un biglietto, è passato un tuo amico, puoi raggiungerlo al pub per l’ora dell’aperitivo, e lo lascia sul tavolo della cucina, bene in vista, poi esce. Per le dieci, è fuori anche la bionda. Hanno tutte e due davanti una giornata lunga, ma hanno deciso di trovarsi a cena assieme subito dopo, al ristorante indiano, che è vicino a casa, ed è vicino pure al pub all’angolo, lo fronteggia dall’altra parte della strada. Sia la bionda che la rossa ci pensano, ma non se lo dicono, per tutto il giorno non si scrivono messaggi, e quando arriva l’ora di cena sono puntuali. Indugiano solo un po’ sulla porta del ristorante, si lanciano qualche occhiata attorno, qualcuna al pub, poi entrano, scelgono un tavolo accanto alla finestra e siedono. Dopo cena la rossa propone di andare a bere una birra, e allora vanno, entrano nel pub con un’aria di noncuranza, quasi tutti i tavoli sono vuoti, e stanno quasi per andarsene, senza dirsi nulla e senza bere, quando la bionda scorge un tavolino nella stanza in fondo, quella piccola, l’uomo altissimo è seduto là, una birra posata davanti, e guarda verso di loro. È solo. Con un gesto le invita a sedersi e loro lo raggiungono e accettano l’invito, il fantasma se ne è già andato di là, e ha lasciato la casa delle due donne per sempre. La conversazione parte piano ma poi parlano per ore, l’uomo conosce il fantasma da quando era vivo, e può vederlo ancora, come loro, ma ora non gli interessa più, come a loro. Verso le due di notte il barista li butta fuori, l’uomo e le due donne hanno bevuto molto, è tardi e lui rimane a casa loro per la notte.

La casa dopo qualche tempo è diversa, l’uomo non se n’è andato, e vivere con l’uomo non è come farlo col fantasma, tanto per cominciare l’uomo cucina per tutti e tre, poi il postino lo vede, e gli ospiti pure, e gli rivolgono la parola. L’uomo parla molto. Il telefono della bionda non squilla più, la rossa non fa più le sue colazioni silenziose. In bagno, l’uomo è veloce tranne quando si rade, ma lo fa solo al sabato. Cenano sempre tutti e tre assieme.

Ma la bionda e la rossa passano ancora del tempo assieme da sole, di notte, prima di dormire, sedute fuori a guardare la luna.


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Autrici Caterina Iofrida coinquilini letteratura lune Racconti Roberta Delitala


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